Con tale termine si indica una società avente un capitale sociale proporzionalmente inferiore ai finanziamenti. Attraverso la thin capitalization può realizzarsi un’operazione di carattere elusivo diretta a sfruttare le differenze di trattamento fiscale fra il regime dei dividendi e quello degli interessi. In sostanza per una società in utile operante in un regime in cui non siano posti limiti alla deducibilità degli interessi passivi i finanziamenti (infragruppo) sostituiscono gli aumenti di capitale poiche´ la remunerazione del finanziamento (interessi) incide negativamente sulla determinazione del reddito imponibile della società medesima. Lo stesso fenomeno non si avrebbe, invece, con la remunerazione del capitale sociale poiche´ i dividendi non sono deducibili dal reddito d’impresa. Talvolta l’operazione è diretta a sfruttare le convenzioni contro le doppie imposizioni in cui il trattamento degli interessi sia più vantaggioso rispetto al trattamento convenzionale dei dividendi. Altre volte infine, l’operazione ha il solo scopo di trasferire, attraverso il pagamento degli interessi, utili da una società ad una società holding situata in un paradiso fiscale (v.). In tutti i casi il ricorso al credito invece degli aumenti di capitale realizza situazioni di risparmio d’imposta sia per il finanziatore che per il soggetto finanziato. In Italia, differentemente da quanto accade all’estero, non esistono norme fiscali dirette ad evitare fenomeni di thin capitalization e pertanto l’Amministrazione finanziaria non può qualificare, ai fini fiscali, capitale di rischio (ovvero capitale sociale) quello che formalmente è un mero finanziamento. Un punto di crisi dell’operazione potrebbe eventualmente emergere in sede civilistica sostenendo che si tratta di abuso di società di capitali sottocapitalizzata ed alimentata dal finanziamento dei soci, ma a riguardo non constano precedenti specifici.
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