libertà di opinione nei luoghi di lavoro: nell’ambito del rapporto di lavoro il principio costituzionale della libertà di opinione è riaffermato dallo statuto dei lavoratori (art. 1) al fine di impedire che il datore di lavoro, avvalendosi della sua posizione di supremazia, comprima la libera manifestazione del pensiero da parte dei suoi dipendenti nei luoghi di lavoro. La norma dello statuto, probabilmente a causa della genericità del precetto, non è munita di sanzione penale, così che le conseguenze della sua violazione rilevano esclusivamente sul piano civilistico, causando la dichiarazione di nullità dell’atto con il quale il datore lede o limita l’esercizio del diritto in questione. Titolari del diritto in oggetto sono i singoli lavoratori, indipendentemente dalla loro appartenenza ad organizzazioni di sorta. L’esercizio del diritto, al pari della titolarità, è individuale. Soggetti protetti dalla norma sono tutti i lavoratori e le lavoratrici indistintamente, quali che siano anche l’etnia o la lingua, dal momento che l’elencazione delle possibili cause di distinzione contenuta nella norma non ha carattere tassativo, ma è dettata per mero riguardo a quelle materie nelle quali il problema della tutela delle libertà è apparso al legislatore statutario maggiormente importante e ricorrente. La libertà di opinione dei prestatori nei luoghi di lavoro è tutelata sia sotto l’aspetto positivo, nei limiti del rispetto dei principi della Costituzione e dello statuto dei lavoratori, sia sotto l’aspetto negativo, concretantesi nel diritto di non manifestare e di tenere riservato il proprio pensiero. Per attuare la libertà di opinione è utilizzabile qualsiasi mezzo di diffusione del pensiero, purche´ l’esercizio del diritto avvenga nel rispetto del normale svolgimento dell’attività aziendale e nell’osservanza del necessario adempimento della prestazione lavorativa (v. anche proselitismo sindacale). Per quanto riguarda le c.d. imprese di tendenza (v.), una certa limitazione della libertà di opinione può costituire una conseguenza diretta dei fini ideologici (ad es. religiosi) dell’organizzazione. .
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