Dalla vera e propria proposta contrattuale (v.), sia essa proposta a destinatario determinato oppure proposta al pubblico (v. offerta, invito a proporre al pubblico), bisogna distinguere il semplice invito a proporre (cosiddetta invitatio ad offerendum). Ev tale, anzitutto, una dichiarazione che non contenga tutti gli estremi essenziali del contratto da concludere (come nella vendita, ad esempio, l’indicazione del prezzo). Un cartello con la semplice scritta vendesi, posto su una cosa, o una inserzione pubblicitaria che non menzioni il prezzo del bene messo in vendita, non può certo vincolare l’aspirante venditore: vale solo come invito, rivolto al pubblico, a formulare proposte contrattuali o, comunque, a iniziare trattative per la vendita. Ma ad uguale valutazione si può pervenire anche nel caso in cui appaiono indicati gli estremi essenziali del contratto da concludere: la conclusione è certa per i contratti intuitu personae (v. contratto, invito a proporre intuitu personae), in relazione ai quali non è pensabile una proposta contrattuale suscettibile di essere accettata da persona sconosciuta. Altri casi sono, invece, discussi: l’esposizione, nella vetrina di un negozio, di merci con l’indicazione del prezzo o l’esposizione, all’ingresso di un ristorante, della lista dei piatti con la menzione dei relativi prezzi vale come proposta contrattuale o vale, piuttosto, come semplice invito a proporre? Accolta la prima soluzione, dovremo dire che il contratto si perfeziona nel momento in cui il cliente, entrato nel negozio o nel ristorante, ordina la merce o il pasto, esprimendo così la propria accettazione, con la conseguenza che l’eventuale rifiuto del gestore equivarrebbe ad inadempimento (v.) di un già concluso contratto. Ma sappiamo che non è così: ogni negoziante si ritiene libero di decidere a chi vendere (ossia di scegliere la propria clientela) e quanto vendere, salvo il caso di chi venda generi di monopolio; considera quanti entrano nel proprio negozio come proponenti, ai quali si riserva di rispondere con una accettazione (v. accettazione, invito a proporre della proposta contrattuale) o con un rifiuto. Il citato art. 1336 c.c. autorizza questa diversa qualificazione della dichiarazione al pubblico come semplice invito a proporre, anche se contenga gli estremi essenziali del contratto: essa vale come proposta contrattuale salvo che risulti diversamente dalle circostanze o dagli usi. Una vera e propria offerta al pubblico si deve, piuttosto, ravvisare nella vendita a mezzo di macchine automatiche e nella vendita a selfinvito a proporreservice: qui il sistema di vendita prescelto esclude, esso stesso, ogni possibilità di diniego del venditore. Per le vendite all’asta o al pubblico incanto vale la medesima conclusione: il metodo dell’asta è tale per cui, conseguita l’offerta più favorevole, resta preclusa ogni ulteriore attività volitiva del banditore, la cui dichiarazione ha solo funzione certificativa dell’avvenuta conclusione del contratto. Altro discorso vale per le aste televisive: le offerte espresse per mezzo del telefono attengono alla fase delle trattative precontrattuali e non vincolano ancora l’offerente (v. anche domicilio, vendite a invito a proporre).
Invitatio ad offerendum | | | Ior |