Termine mutuato dall’ordinamento processuale anglodiscoveryamericano, con il quale si indicano i momenti del procedimento in cui vengono scoperte le carte e pertanto tutti i soggetti processuali vengono a conoscenza di quanto è stato acquisito in termini probatori fino a quel momento. Ciò accade in primo luogo nell’udienza preliminare (v. udienza, discovery preliminare). Essa infatti ha lo scopo di consentire all’imputato la piena conoscenza degli atti compiuti dal p.m., cioè dall’accusa, nel corso delle indagini preliminari (v.). Quest’ultimo ha infatti l’obbligo di trasmettere alla cancelleria del giudice il fascicolo contenente tutta la documentazione relativa alle indagini espletate e agli atti compiuti, in modo che le parti possano prenderne visione prima dell’udienza. A differenza di quanto avviene nel processo nordamericano, il p.m. deve depositare tutti gli atti di indagine compiuti poiche´ una concezione della giustizia che consente spettacolari sorprese dibattimentali in tema di prova è estranea alla nostra cultura giuridica. La discovery prevista dal codice italiano, consente alla difesa di conoscere non solo gli atti del p.m., ma anche le sue argomentazioni accusatorie, realizzandosi così un’informazione critica del giudice e delle parti. In secondo luogo la discovery si verifica anche con gli atti introduttivi al dibattimento, dove è disposto che le parti che intendono chiedere l’esame di testimoni, periti o consulenti tecnici, devono, a pena di inammissibilità , depositare in cancelleria una lista con l’indicazione delle circostanze su cui deve vertere l’esame: anche in tale caso si vuole così evitare l’introduzione direttamente al dibattimento di prove a sorpresa.
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