Contemplato dall’art. 369 c.p., consiste nel fatto di colui che mediante dichiarazione dell’Autorità giudiziaria o altra, incolpa se stesso di un reato che non sia avvenuto o che è stato commesso da altri. Il legislatore con questa incriminazione mira alla tutela dell’interesse concernente il retto funzionamento della giustizia. L’autocalunnia si distingue dalla calunnia, di cui all’art. 368, in quanto la norma richiede che il soggetto attivo non accusi falsamente di un reato altra persona innocente, ma se stesso. Il reato può essere commesso con falsa dichiarazione, di cui è irrilevante la forma, non essendo possibile presentare querela, richiesta od istanza contro se stessi. Per quanto concerne l’autorità alla cui conoscenza deve essere portata la dichiarazione contro se stessi il testo della norma incriminatrice riporta come mezzo di autoaccusa anche la confessione. Il reato è perseguibile solo a titolo di dolo. Occorre perciò la volontà di dichiararsi autore di un reato e la consapevolezza della propria innocenza. Ev richiesto, cioè , ai fini della sussistenza del dolo, che l’autocalunniatore, al momento della falsa dichiarazione, si renda conto di accollarsi la responsabilità concernente un fatto costituente reato. L’autocalunnia è ritenuta dalla Cassazione un reato istantaneo, che si perfeziona nel momento in cui essa viene manifestata ad una delle autorità indicate nell’art. 368. Ne consegue che un’eventuale ritrattazione dopo il suddetto momento non esclude il reato, nemmeno nell’ipotesi in cui essa avvenga prima che la notitia criminis sia trasmessa all’autorità giudiziaria da parte di quella cui incombe l’obbligo di riferire.
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