Il romano pontefice è il capo supremo in senso spirituale, politico e temporale della Chiesa, ed è rappresentante ed organo dell’attività svolta dalla Chiesa cattolica. La sua sovranità spirituale si manifesta attraverso una serie di attributi che conseguono alla sovranità pontificia, e che si risolvono attraverso relazioni interne della Chiesa, nei vincoli gerarchici con i Vescovi ed i fedeli, e nelle relazioni estere, tramite i diritti di legazione attiva e passiva, operanti nella dimensione politica e sul piano internazionale. La figura del romano pontefice è disciplinata dal Trattato del Laterano (artt. 12, ult. comma, 15, ult. comma, e 21, ult. comma, l. n. 810 del 1929), nella cui normativa, viene designato come un monarca elettivo, capo di uno Stato assoluto (lo Stato Città del Vaticano), entro cui esercita i poteri territoriali indipendenti propri di un sovrano. Il romano pontefice è , dunque, Capo di Stato, e come tale ad esso competono tutti i poteri di governo (legislativo, esecutivo e giudiziario). Il Trattato Lateranense è ispirato alla garanzia della massima libertà (ed anche dell’incolumità personale) del romano pontefice, al cui rispetto lo Stato si sente obbligato sia e specialmente durante lo svolgimento dei Concili ecumenici, sia nei casi in cui sia chiamato a presenziare ed intervenire ad attività e celebrazioni ospitate in luoghi ed edifici di culto siti anche fuori Roma (art. 15, ult. comma). Ed infatti tale Trattato, posto a conclusione storica della lunga e spinosa questione romana ed a soluzione della legge delle Guarentigie (l. 13 maggio 1871, n. 214), dispone una serie di garanzie personali in favore del romano pontefice, considerando sacra ed inviolabile la persona del Sommo Pontefice e parificandone la tutela penale a quella del Presidente della Repubblica. La Convenzione del 6 settembre 1932 (l. esec. 12 aprile 1933, n. 379) con la Santa Sede, all’art. 4 ha tuttavia previsto dei casi di citazione in giudizio del romano pontefice (in persona del Cardinale Segretario di Stato), dovendosi così concludere che la Chiesa abbia rinunciato al privilegio dell’immunità giurisdizionale. L’ufficio di romano pontefice cessa con il venir meno della persona che lo ricopre o per rinuncia. Durante il tempo necessario all’elezione del successore, il governo ordinario della Chiesa è tenuto collegialmente dai Cardinali. Un consistente numero di canoni delinea nel Codex Juris Canonici la figura del romano pontefice quale Vescovo della Chiesa di Roma, munito di potestà ordinaria, suprema, piena, immediata e universale (cann. 331, 332, 355, 358, 360 – 362, 1142, 1273, 1370 1397, 1442, 1444, 1445, 1629, 1732).
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