Atti di alta amministrazione adottati dal Cip (v.) e, a livello locale, da appositi comitati provinciali, sulla base di direttive del Cipe (v.); consistono nella determinazione o nella variazione dei prezzi massimi di determinati prodotti per ragioni di utilità sociale (cfr. art. 41 Cost.). Dottrina e giurisprudenza prevalenti ritengono che essi abbiano natura di atti generali, ma non mancano indicazioni in senso contrario. In quanto atti amministrativi non normativi, i provvedimenti-prezzi devono essere adeguatamente motivati e sono soggetti a sindacato giurisdizionale; inoltre, non possono essere retroattivi. Ove la determinazione autoritativa del prezzo di un bene incida sulla possibilità per determinati operatori privati di ottenere comunque un profitto, è previsto l’obbligo di risarcire questi ultimi mediante apposite casse di conguaglio (v.), finanziate con parte degli utili prodotti dagli altri produttori dello stesso bene. L’imposizione generalizzata di prezzi d’imperio da parte della P.A. si è avuta nell’emergenza del periodo postbellico e di nuovo negli anni Settanta con la crisi petrolifera conseguente alla guerra araboprovvedimenti-prezziisraeliana. In seguito, essa è stata limitata a pochi beni, considerati di particolare importanza per la collettività (quali pane, latte e concimi) o per l’industria (quali i derivati del petrolio). Anche riguardo a questi ultimi beni, però, è in atto un processo di liberalizzazione dei prezzi, disposta con due delibere del Cipe del 1993. (Vetritto).
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