I monopoli fiscali, a differenza dei monopoli di diritto che sono introdotti per fini di utilità generale relativi a beni e soprattutto a servizi ritenuti di particolare interesse pubblico, sono funzionali a procacciare una entrata tributaria. Lo Stato infatti stabilisce il prezzo del bene o del servizio erogato in misura notevolmente superiore a quello che sarebbe applicato in un regime concorrenziale; l’eccedenza non è giustificabile in alcun modo nell’ambito di un rapporto di scambio, bensì alla luce del generale principio della capacità contributiva, rappresentata dal consumo del bene o del servizio. Il monopolio potrebbe quindi essere assimilato alla imposta (di consumo), almeno sotto il profilo della causa legis. La legittimità dei monopoli fiscali deve essere verificata in base all’art. 43 della Costituzione, per cui sono ammessi i monopoli preordinati a regolamentare attività rilevanti dal punto di vista dell’interesse pubblico. L’adesione alla Cee ha comportato peraltro un recesso nella utilizzazione dei monopoli fiscali da parte degli Stati membri, in ottemperanza del principio della caduta delle barriere economiche tra gli Stati medesimi anche mediante l’abolizione delle misure protezionistiche che ostacolano la libera concorrenza. I monopoli fiscali oggi rimasti in vigore in Italia sono quello dei tabacchi e quello del gioco del lotto (v. lotto e lotterie).
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