Componente al tempo stesso positiva (rimanenze finali) e negativa (rimanenze iniziali) del reddito d’impresa (v.); trovano la loro ragion d’essere nel particolare metodo di esposizione contabile dei beni alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa. Tali beni vengono esposti in contabilità secondo un criterio che si definisce a costi, ricavi e rimanenze; al momento della loro acquisizione viene cioè registrato in contabilità soltanto il relativo costo, senza bilanciarlo con il contemporaneo incremento patrimoniale; specularmente, al momento della loro cessione, viene registrato soltanto il relativo ricavo, senza contabilizzare la corrispondente diminuzione patrimoniale subita dall’impresa. Proprio da questa particolare contabilizzazione nasce l’esigenza, al momento della determinazione del reddito di esercizio, di operare una rettifica dei costi attraverso la valorizzazione, per categorie omogenee, dei beni ancora giacenti in magazzino a fine esercizio (le c.d. rimanenze finali), beni che ovviamente coincideranno evidentemente con quelli esistenti in magazzino all’inizio dell’esercizio successivo (le c.d. rimanenze o esistenze iniziali). Per la valutazione delle rimanenze, la norma fiscale rinvia sostanzialmente ai corrispondenti criteri civilistici, recependo in particolare il criterio della valorizzazione delle rimanenze al minor ammontare tra costo di acquisto e valore di mercato alla fine dell’esercizio e limitandosi a stabilire che tale valorizzazione non possa risultare inferiore ad un minimo prestabilito. Nel caso in cui le rimanenze si siano formate in esercizi diversi e a differenti costi di acquisto, il costo di acquisto dei beni in rimanenze deve essere determinato individuando un costo unitario medio per ogni periodo d’imposta; a questo punto, la valutazione delle rimanenze di esercizio verrà effettuata presumendo venduti per primi i beni acquistati per ultimi e, dunque, valorizzando le rimanenze al costo più risalente. Tale metodo, definito Lifo (v.) a scatti annuali, consente evidentemente in periodi di prezzi crescenti, di far rimanere latenti i maggiori valori dei beni in rimanenze e quindi di abbattere sostanzialmente il reddito imponibile dell’esercizio spostando l’imposizione al successivo momento del realizzo. Qualora il costo di acquisto delle giacenze di magazzino si riveli invece superiore al valore di mercato, viene consentita all’impresa la svalutazione delle rimanenze
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